Percorso

 

Stipsi

     

La stipsi (o stitichezza) è una patologia frequentissima, che colpisce in prevalenza il sesso femminile e la sua definizione è resa complicata dalle numerose variazioni di comportamento. Generalmente le persone tendono a definire stipsi un’abitudine intestinale non soddisfacente.

 

Si conoscono più tipi di stipsi: quella in cui il numero di evacuazioni è ridotto (si ricorda che sono considerate ancora nella norma 3-4 evacuazioni alla settimana) e quella in cui, pur avendo evacuazioni quotidiane, è necessaria una spinta eccessiva. Il primo caso (detto inerzia colica) è dovuto ad un rallentato transito intestinale, mentre il secondo (detto defecazione ostruita) è determinato da una alterazione della muscolatura perineale deputata all’evacuazione. Questi due tipi di stipsi si differenziano sia per la sintomatologia, sia per le indagini diagnostiche necessarie alla loro identificazione, sia, infine, per la terapia.

 

 

INERZIA COLICA

Le cause dell’inerzia del colon possono essere molteplici; oltre ad un vero e proprio danno neurologico del sistema nervoso del colon (peraltro raro), possono concorrere fenomeni di invecchiamento, cause iatrogene (cioè dovuto ad un utilizzo eccessivo di farmaci – per lo più neurologici) da fumo, da problemi di natura psicosomatica. In questi casi le evacuazioni sono rare (meno di 3 alla settimana) e non aumentano anche con l’uso quotidiano di lassativi e le feci si presentano di consistenza aumentata ed eccessivamente asciutte. Molto più spesso questa inerzia del colon è dovuta ad una diminuzione dei movimenti del colon (peristalsi) ed è sufficiente l’uso di lassativi per riportare il numero di evacuazioni alla norma, oppure esclusivamente per un non adeguato apporto di fibre e acqua

  

 

L’indagine necessaria a diagnosticare questa patologia è lo Studio di velocità di transito del colon che si esegue ingerendo dei semi radiopachi ed eseguendo una conta degli stessi mediante una serie di radiografie (generalmente dopo 1, 2 e 4 giorni dall’ingestione).

 

  

 

Il trattamento consiste per la maggior parte dei casi in una correzione dell’alimentazione e talora dell’utilizzo di lassativi. E’ importante ricordare che esistono diversi tipi di lassativi:

  • Irritanti da contatto (cascara, fucus, rabarbaro, senna, solfati)
  • Di volume (ispaghula, psyllium)
  • Osmotici (lattulosio, macrogol, fosfati)

Devono essere prediletti quelli che determinano minori effetti collaterali per cui si consiglia di utilizzare lassativi di volume, specie se costretti a somministrazioni prolungate (anni).

    

 

Per quanto riguarda l’alimentazione è necessario ricordare che una adeguata introduzione di fibre e di acqua è in grado di risolvere almeno il 50% dei casi. Le fibre possono essere introdotte scegliendo alimenti a base di cereali non raffinati come pane e pasta integrali (evitate di mangiare cibi raffinati come pane bianco e pasta per poi acquistare a parte la crusca o altre fibre), e verdure a foglie e frutta (in molti casi mangiando un kiwi al mattino ed uno alla sera – come se fosse un farmaco – l’intestino si regolarizza). Importante, infine, l’introduzione di un adeguato apporto idrico (consigliamo di bere almeno 2 litri di acqua al giorno).

  
 

DEFECAZIONE OSTRUITA

Con questo termine si identificano tutti quei fenomeni che comportano una difficoltà nella espulsione delle feci. Le cause possono essere molteplici:

  • Stenosi anale
  • Prolasso
  • Rettocele
  • Disfunzioni della muscolatura perineale (disfunzione del pavimento pelvico)

La stenosi anale può essere raramente primitiva, nella maggior parte dei casi si osserva in seguito ad un intervento chirurgico per emorroidi, ragadi o fistole oppure in seguito ad una anastomosi ultrabassa dopo resezione del retto. In questi casi è possibile tentare delle dilatazioni (inizialmente eseguite in ambiente protetto – ospedale – e successivamente a domicilio) ma, molto spesso, l’unica soluzione è chirurgica.

 

   

Per quanto riguarda il prolasso ed il rettocele si rimanda ai rispettivi capitoli.

Le disfunzioni della muscolatura perineale sono di diversi tipi:

  • Puborettale paradosso: si tratta di una contrazione anomala del muscolo puborettale durante l’evacuazione. Quando inizia l’evacuazione il meccanismo di contrazione dei muscoli addominali (torchio addominale) si accompagna ad un rilasciamento del muscolo elevatore dell’ano e del puborettale cosicché l’ano si apre; se il puborettale, invece, si contrae l’ano si chiude e a nulla serve lo sforzo addominale per far fuoriuscire le feci.
  • Il Perineo Discendente è una lassità muscolare e legamentosa, prevalente nelle donne, specie se hanno avuti parti travagliati, per cui il piano anale, sotto sforzo, si abbassa fino a raggiungere o superare il piano osseo virtuale che passa all’apice delle spine iliache; se ciò accade anche senza spinta si parla di Perineo Disceso. In questo caso la spinta dell’evacuazione fa abbassare il perineo senza aprire l’ano con conseguente difficoltà all’espulsione delle feci.
  • La Dissinergia Addomino-Pelvica è una disfunzione complessa che coinvolge sia la muscolatura addominale che quella pelvica e perineale, ma che conduce comunque ad un aumento marcato della pressione intraddominale  accompagnata da contrazione del piano perineale e chiusura dell’ano. In alcuni casi si associa anche una alterazione della sensibilità dell’ampolla rettale.
 

In molti casi di disfunzioni dl pavimento pelvico la sintomatologia non è data solo dalla difficoltà di evacuazione, ma può essere associata a dolore anale che compare durante l’evacuazione, talvolta subito dopo oppure a distanza di tempo e scompare dopo l’evacuazione stessa. Non è infrequente l’associazione con la Proctalgia Fugax, dolore anale notturno da spasmo del muscolo elevatore dell’ano.

 

 

Per diagnosticare il quadro clinico di defecazione ostruita sono necessari due indagini fondamentali: la Manovolumetria retto anale e la Defecografia.

La Manovolumetria è un’indagine che consiste nell’inserimento di una minuscola sonda all’interno del retto e nello studio delle pressioni retto-anali durante i vari movimenti defecatori, oltre allo studio della sensibilità rettale. La Defecografia è, invece, un’indagine radiologica che consiste nella introduzione di un clistere con mezzo di contrasto e nell’esecuzione di radiografie durante l’evacuazione dello stesso. Sui radiogrammi ottenuti si faranno le misurazioni appropriate per valutare i movimenti del complesso retto-anale e perineale.

 

La terapia di questa disfunzione dipende dalla patologia in causa.

Se la stenosi anale, il prolasso rettale ed il rettocele necessitano spesso di un intervento chirurgico, diverso è il trattamento delle disfunzioni del pavimento pelvico. In questi casi è possibile un trattamento riabilitativo che ha due obiettivi principali: la presa di coscienza della muscolatura e dei suoi movimenti e la correzione dei movimenti scorretti. La riabilitazione del pavimento pelvico si avvale della Fisioterapia, del Biofeedback e della Elettrostimolazione.

La Fisioterapia consiste nel correggere i movimenti, sotto la guida del Fisioterapista, e nella ripetizione costante degli esercizi insegnati.

Il Biofeedback è invece un approccio più intuitivo: applicata una sonda con elettrodi nell’ano e sull’addome, i movimenti muscolari creano delle variazioni di una curva visibile dal paziente su di un monitor. Il paziente dovrà imparare a muovere correttamente i muscoli in modo da creare la curva corretta precedentemente disegnata.

L’Elettrostimolazione è una tecnica che si basa sui movimenti passivi dei muscoli grazie a scariche elettriche di bassissima intensità che consentono di prendere coscienza dei propri muscoli e di rinforzarli.

 

 

 

 

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Pagina creata il 30/03/2010                                                                                  Ultima revisione 14/04/2012
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